Un viaggio a Bogotà

Vi avevo detto che sarei partita per la Colombia per trascorrere l’ultimo dell’anno con Ester? Arrivo all’aeroporto Eldorado di Bogotà la sera del 30 dicembre (2020) e subito recupero sul nastro girevole dei bagagli il mio trollerino grigio che una ansiosa impiegata al check in di Malpensa mi aveva costretto a imbarcare, mi è parso un miracolo, subito confermato dall’arrivo del mio secondo bagaglio, la griffatissima e sgangherata valigiona nera con la scritta bianca a caratteri cubitali “FRATEL ETTORE”.

Dopo 13 ore di viaggio e sbarco a 2600 metri di altezza, talmente pallida che alla dogana mi hanno offerto una sedia. Senza dire che avevo trascorso le ultime ore del volo a cercare fra i piedi dei passeggeri i miei occhiali da vista. Niente da fare, non li ho trovati. Dopo aver recuperato dal troller il paio di occhiali da sole graduati e con lenti scurissime che chissà perché mi sono portata dietro (presentimento?), con aria da personaggio in incognito mi avvio alla fermata dei taxi e anche il taxi lo prendo con la rapidità della luce quando di solito si fanno code di ore prima di riuscire a beccarne uno!
Meno male! Meno male! Meno male!

Non mi reggo in piedi.
Arrivo finalmente a casa indecisa se vomitare o svenire subito. Opto per lo svenimento e mi accascio sulla prima sedia che trovo, questo non mi impedisce di sorridere ed effondermi in saluti affettuosi, almeno credo, perché resto in stato onirico per le 48 ore seguenti, compresi i festeggiamenti di San Silvestro. Torno in Italia dopo una settimana e riparto per Ripa Teatina, provincia di Chieti. Non dico che ci metto 13 ore ma fatte le dovute differenze, raggiungere un
paesino dell’interno fra le colline abruzzesi senza una macchina è sufficientemente articolato, diciamo così. Comunque ce la faccio e sembro persino star bene. Dopo 4 giorni trascorsi con la mia mamma novantaquattrenne che in nessun modo sono riuscita a convincere di lasciare la sua casa e venirsene con me a Seveso…Vi rendete conto? A Seveso! Cioè lei vive in una villa in campagna, ha una sala con divano e poltrone di pelle marrone che diventano più belle ogni anno che passa, un camino che è grande quanto la mia camera da letto, la casa che è circondata dal giardino e di lato ha una minuscola pineta, con una vista bellissima, cinguettii di uccelli anche in gennaio e un sole e una luce e un azzurro che qui da noi capita un paio di volte l’anno mentre lì è la quotidianità…e ma guarda un po’ non è voluta venire! Pensa te.
Me ne sono quindi tornata da sola a Seveso e fra qualche colica e fughe precipitose in bagno sono arrivata ad oggi per rendermi conto che sì, in aereo dovevo aver preso una qualche piccola infezione intestinale che ho portato nobilmente e con disinvoltura encomiabile!

Ora vi dedico una poesia di Fernando Pessoa per togliervi l’immagine delle mie corse al gabinetto.
Poesia per auguri di buon 2020:

Amo tutto ciò che è stato/tutto quello che non è più/il dolore che ormai non mi duole,/l’antica e
erronea fede,/l’ieri che ha lasciato il dolore,/quello che ha lasciato allegria/solo perché è stato, è
volato/e oggi è già un altro giorno.

Fernando Pessoa

Poi avrei un invito, qui a Casa Betania: il 21 febbraio un giovane amico attore reciterà per noi un monologo: “ODISSEO” e mi va di invitarvi: il 21 febbraio è un venerdì, alle ore 21.

E poi non mi ricordo il nome del volontario  che nella foto è indicato da una frecciona bianca…per favore mi contatti appena ti riconosci?

UN ABBRACCIO AFFETTUOSO.

BUON LAVORO A TUTTI E BUONA VITA PIENA D’AMORE, GENEROSITÀ E GRATITUDINE!

DIO CI BENEDICA IN OGNI MOMENTO.

VI VOGLIO BENE,

Teresa